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Con tendinopatia si intende qualsiasi sofferenza o infortunio a carico dei tendini, le cui cause possono essere ricercate nel sovraccarico funzionale o in alcune malattie sistemiche e i cui sintomi più comuni includono dolore, gonfiore, rigidità e indolenzimento.
Le tendinopatie sono abbastanza insidiose e difficili da curare, soprattutto perché non solo richiedono terapie adeguate, ma necessitano di molto tempo (anche diversi mesi) per guarire del tutto.
Per fortuna, è possibile ricorrere al supporto di fisioterapisti esperti, in grado di ideare un piano terapeutico personalizzato: attraverso esercizi mirati, infatti, si può ottenere un recupero efficace e duraturo prevenendo, al contempo, eventuali recidive.
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Quali sono le cause delle tendinopatie?
Le cause scatenanti di una tendinopatia sono, solitamente, i traumi, i sovraccarichi funzionali e alcune malattie sistemiche come il diabete. In genere, se dipendono da un trauma o da un sovraccarico, le tendinopatie coinvolgono un solo tendine; al contrario, se sono collegate a malattie sistemiche pregresse, possono interessare anche più tendini sparsi nel corpo.
Tendinopatia: quanti tipi esistono e come si classificano oggi?
Spesso si sente parlare di “tendinite”, “tendinosi” o “infiammazione del tendine”, ma questi termini non sempre aiutano a capire davvero di cosa si tratta. Le tendinopatie non sono tutte uguali e non sempre sono legate all’infiammazione.
Oggi, grazie alla ricerca scientifica, sappiamo che il dolore tendineo è una condizione complessa e multifattoriale, che evolve nel tempo e risponde in modo diverso a seconda della fase in cui si trova il tendine.
Un tendine può attraversare diverse fasi in risposta a un sovraccarico:
- Tendinopatia reattiva
È la fase iniziale, spesso causata da un aumento improvviso del carico (un nuovo esercizio, un cambio di routine, o un’intensità eccessiva). Il tendine reagisce con un ispessimento temporaneo e può diventare dolente. Si tratta di una risposta di adattamento: se gestita correttamente con il giusto carico e tempo di recupero, può regredire completamente. - Tendine disorganizzato
Se il carico eccessivo continua, il tendine entra in una fase intermedia, con alterazioni strutturali (collagene disorganizzato, neoangiogenesi, ecc.). Il dolore tende a diventare più persistente. In questa fase il trattamento attivo, come l’esercizio terapeutico, è fondamentale per invertire il processo. - Tendinosi degenerativa
È la fase cronica più avanzata, caratterizzata da cambiamenti marcati nella struttura del tendine. Tuttavia, non sempre un tendine degenerato fa male, e con un carico progressivo è comunque possibile recuperare forza e funzione.
È importante distinguere la tendinopatia da altre condizioni che coinvolgono i tendini ma hanno cause, decorso e trattamenti diversi:
- Tendinopatia
È una risposta del tendine al sovraccarico meccanico. Evolutiva, sensibile al carico progressivo. È la condizione più frequente nei soggetti attivi. - Rottura tendinea
Lacerazione della struttura che collega un muscolo a un osso. Si tratta di un infortunio grave, che richiede solitamente il ricorso alla chirurgia, causato generalmente da un trauma acuto. I tendini più a rischio rottura sono i tendini della cuffia dei rotatori, il tendine di Achille e il tendine rotuleo. - Tenosinovite
Indica l’infiammazione della guaina sinoviale di un tendine, alla quale fa seguito il suo restringimento e l’impossibilità del tendine di scorrere senza subire attriti. Tra le forme più comuni rientrano la sindrome di De Quervain e il cosiddetto dito a scatto. - Entesopatia
Sofferenza dell’entesi (punto in cui il tendine si inserisce sull’osso). In alcuni casi può essere infiammatoria (entesite), soprattutto in presenza di malattie reumatologiche.
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Quali sono i sintomi e le complicazioni delle tendinopatie?
Quando si manifesta, la tendinopatia si caratterizza per una sintomatologia locale che comprende dolore localizzato durante o dopo il movimento, irrigidimento mattutino o dopo periodi di inattività, riduzione della forza e della resistenza, dolore al carico o durante attività sportive specifiche. In presenza di una lacerazione tendinea, invece, la condizione diventa fortemente debilitante, al punto che si rivela quasi impossibile svolgere anche le più semplici attività fisiche quotidiane.
In alcuni casi si riscontrano anche calcificazioni a livello tendineo e deformazioni dell’osso.
Una tendinopatia, se gestita in modo inadeguato, può cronicizzarsi e comportare cambiamenti strutturali del tendine (come disorganizzazione del collagene o neoangiogenesi). Oggi si tende a superare la visione puramente infiammatoria di queste condizioni, adottando un modello più multifattoriale e carico-dipendente.
Ecco perché una diagnosi accurata è fondamentale: servono l’anamnesi e l’esame obiettivo in primo luogo, seguiti da test diagnostici per immagini e, se necessario, da esami del sangue per verificare la presenza di eventuali patologie sistemiche.
Come si curano le tendinopatie?
Il trattamento delle tendinopatie varia in base al tipo e alla gravità dell’infortunio tendineo. Fatta eccezione per i casi di rottura di un tendine, per i quali è assolutamente necessario ricorrere all’intervento chirurgico, la prassi prevede l’adozione di terapie conservative che, di norma, si rivelano altamente efficaci.
Il trattamento delle tendinopatie dipende dalla fase della patologia, dalla gravità dei sintomi e dalle esigenze della persona. Nella maggior parte dei casi, non è necessario un intervento chirurgico, ma si ottengono buoni risultati con un percorso fisioterapico mirato.
Il ruolo dell’esercizio terapeutico
La strategia più efficace secondo le linee guida più recenti è rappresentata da un programma di esercizi terapeutici progressivi, specifici per il tendine coinvolto. Questo tipo di approccio aiuta a: ridurre il dolore, migliorare la tolleranza al carico, rafforzare la muscolatura e favorire il ritorno alle attività quotidiane e sportive.
Gli esercizi vengono calibrati in base alla fase della tendinopatia e possono essere modificati nel tempo, in funzione della risposta del paziente.
Il “riposo assoluto” non è indicato: può rallentare il recupero e indebolire il tendine. È preferibile modulare il carico, mantenendo un’attività compatibile con i sintomi.
Le terapie strumentali servono davvero?
Molti trattamenti strumentali – come laserterapia, tecarterapia o ultrasuoni – vengono spesso proposti per trattare le tendinopatie. Tuttavia, le evidenze scientifiche attuali mostrano benefici molto limitati, soprattutto se utilizzate da sole.
In particolare, laser e tecar non hanno dimostrato un impatto significativo né sul dolore né sulla funzione, e non dovrebbero essere considerati trattamenti di prima scelta.
Un’eccezione può essere rappresentata dalle onde d’urto, che in alcuni casi selezionati (es. tendinopatia calcifica) possono aiutare a ridurre il dolore, ma sempre come complemento e non in sostituzione dell’esercizio terapeutico.
E le terapie manuali?
Le tecniche manuali come mobilizzazioni, massaggi o tecniche miofasciali possono essere utili nella fase iniziale del percorso per modulare il dolore, ridurre la tensione muscolare e favorire l’adesione al trattamento attivo.
Tuttavia, anche in questo caso, si tratta di strategie di supporto, non risolutive.
Il cuore del trattamento resta il carico progressivo, adattato alla fase della tendinopatia e agli obiettivi del paziente.
Quando servono i farmaci?
I farmaci antinfiammatori (FANS) possono essere utilizzati per brevi periodi, specialmente se il dolore è molto intenso. Tuttavia, il loro uso deve essere valutato attentamente, perché non risolvono il problema alla base.
Le infiltrazioni di corticosteroidi, sebbene utili in alcune condizioni articolari, non sono consigliate nelle tendinopatie croniche, perché possono indebolire ulteriormente il tessuto tendineo e aumentare il rischio di recidiva o rottura.
Se tutto questo non porta alcun miglioramento, allora la chirurgia è l’unica strada percorribile. In caso di rottura del tendine si procede con la riparazione dello stesso, mentre in presenza di infiammazione o degenerazione si vanno a “pulire” i tendini sofferenti.
Dopo l’intervento chirurgico, la fisioterapia riacquista un ruolo primario, perché permette al paziente di recuperare le funzionalità iniziali in modo progressivo e graduale, evitando di compromettere l’esito dell’intervento e favorendo, nei limiti del possibile, la guarigione. Gli esercizi proposti hanno lo scopo di proteggere le strutture coinvolte nell’intervento durante le prime fasi, recuperare mobilità e forza, ripristinare la capacità di carico del tendine e ridurre il rischio di recidive.
Attraverso un programma personalizzato di esercizi e strategie di carico graduale, il paziente viene accompagnato in un ritorno sicuro e controllato alla funzionalità, sia nella vita quotidiana che nello sport.