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La lesione del legamento crociato anteriore (LCA) è uno degli infortuni più comuni e debilitanti a carico del ginocchio, soprattutto tra gli sportivi e le persone attive. Un LCA sano è fondamentale per la stabilità del ginocchio, in particolare durante i movimenti di rotazione e traslazione anteriore della tibia rispetto al femore; di conseguenza, a seguito di traumi o lesioni, è importante intervenire correttamente e tempestivamente per salvaguardare le funzionalità e tornare all’attività sportiva nel più breve tempo possibile.
La fisioterapia, in tutto questo, gioca un ruolo fondamentale nel percorso di recupero, sia come trattamento conservativo (in alcuni casi), sia come fase fondamentale della riabilitazione post-chirurgica, permettendo di ripristinare la funzionalità dell’articolazione e favorire un ritorno sicuro alle attività quotidiane e sportive. Andrea Carboni, fisioterapista di Bergamo, è specializzato nel recupero e nel trattamento post chirurgico del legamento crociato anteriore, proponendo ai pazienti percorsi personalizzati e mirati a un ritorno in pista sicuro e performante.
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Tipi di lesioni del legamento crociato anteriore
Nella pratica clinica gli infortuni al legamento crociato anteriore (LCA) vengono spesso classificati in tre gradi, secondo una suddivisione convenzionale ancora piuttosto diffusa:
- distorsione di I grado: si verifica un allungamento eccessivo del legamento, con micro-lacerazioni delle fibre, ma senza una significativa perdita di stabilità del ginocchio. Il dolore è generalmente lieve e la funzionalità è poco compromessa;
- distorsione di II grado (lesione parziale): una parte significativa delle fibre del legamento si lacera, causando una moderata instabilità del ginocchio, dolore più intenso e gonfiore. La funzionalità risulta limitata;
- distorsione di III grado (lesione completa): Il legamento si rompe completamente, determinando una marcata instabilità del ginocchio, dolore acuto iniziale che può poi attenuarsi, significativo gonfiore e una notevole limitazione funzionale. Spesso si avverte un “”pop”” al momento dell’infortunio.
Va tuttavia chiarito che questa classificazione, seppur utile per la comunicazione e la comprensione, non è quella ufficialmente riconosciuta dalla letteratura scientifica più recente. Oggi si tende a distinguere più propriamente tra:
- lesione completa o parziale;
- presenza o assenza di instabilità funzionale;
- grado di lassità articolare rilevato clinicamente (es. test di Lachman, pivot-shift);
- eventuali lesioni associate (menischi, cartilagine, legamenti collaterali).
La valutazione clinica approfondita, supportata quando necessario da esami di imaging come la risonanza magnetica (RM), è essenziale per stabilire la strategia terapeutica più appropriata in base alle esigenze e agli obiettivi funzionali del paziente.
Quali sono le cause degli infortuni del legamento crociato anteriore?
Gli infortuni al legamento crociato anteriore si verificano spesso durante attività sportive che comportano movimenti improvvisi e stressanti per il ginocchio. La lesione del legamento crociato anteriore avviene più frequentemente in assenza di contatto diretto, durante movimenti ad alta velocità che generano stress meccanici eccessivi. Le cause principali includono:
- cambi di direzione rapidi e improvvisi: manovre come il “”taglio”” (cutting) o la brusca deviazione laterale durante la corsa possono esercitare una forza eccessiva sul LCA;
- arresti improvvisi: bloccare bruscamente il movimento durante la corsa o il salto genera elevate forze di decelerazione e una notevole sollecitazione del legamento;
- atterraggi scomposti da salti: un atterraggio non controllato o con il ginocchio in posizione non ottimale può aumentare il rischio di lesione;
- rotazioni del ginocchio con il piede bloccato a terra: movimenti di torsione del ginocchio mentre il piede è fermo possono sottoporre il LCA a uno stress eccessivo;
- contatti diretti: traumi diretti al ginocchio, come una ginocchiata durante una partita di calcio, possono causare la rottura del legamento. Occorre però precisare che le lesioni del legamento crociato anteriore da trauma diretto rappresentano la minoranza dei casi.
Fattori predisponenti importanti includono:
- controllo neuromuscolare alterato, in particolare nei gesti ad alta richiesta;
- valgismo dinamico e scarsa stabilità del core;
- squilibri tra forza dei muscoli flessori e degli estensori;
- propriocezione ridotta e preparazione fisica e atletica insufficiente;
- calzature e superfici di gioco non adeguate.
La prevenzione delle lesioni del LCA passa attraverso il riconoscimento di questi fattori e l’adozione di programmi mirati di prevenzione, basati su esercizi neuromuscolari, di forza, salto e controllo motorio. Comprendere le cause e i fattori di rischio è il primo passo per la prevenzione.
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Quali sono i sintomi degli infortuni del legamento crociato anteriore?
I sintomi di una lesione del legamento crociato anteriore possono manifestarsi in modo diverso a seconda della gravità dell’infortunio, ma alcuni segnali clinici sono particolarmente indicativi:
- sensazione di “”pop“” o schiocco“” all’interno del ginocchio, spesso riferita come una rottura interna percepita chiaramente dal paziente;
- dolore acuto e improvviso, solitamente localizzato anteriormente o lateralmente al ginocchio;
- gonfiore rapido del ginocchio, solitamente già entro poche ore;
- sensazione di instabilità o cedimento del ginocchio;
- limitazione dei movimenti;
- difficoltà a caricare peso sull’arto infortunato.
L’intensità del dolore iniziale non sempre riflette la gravità della lesione: anche in caso di rottura completa, infatti, il dolore acuto può attenuarsi dopo un breve periodo. Tuttavia, la sensazione di instabilità e la limitazione funzionale spesso persistono, per questo non bisogna mai sottovalutare i sintomi ed è opportuno rivolgersi immediatamente a uno specialista.
Infortuni del legamento crociato anteriore: come intervenire?
L’approccio terapeutico per una lesione del legamento crociato anteriore deve sempre essere personalizzato. Le decisioni vengono prese sulla base di molteplici fattori: gravità della lesione, livello di attività del paziente, presenza di lesioni associate, aspettative funzionali e preferenze individuali. Non esiste un protocollo valido per tutti: la scelta tra trattamento conservativo o chirurgico si fonda su un accurato ragionamento clinico e su una decisione condivisa, con l’obiettivo di ottenere il miglior recupero possibile in base al contesto della persona.
Il trattamento conservativo può rappresentare una valida opzione anche in presenza di lesioni complete del legamento crociato anteriore, non solo nei casi di lesioni parziali. In particolare, questa scelta viene generalmente considerata in pazienti con un livello di attività fisica modesto, per chi non desidera sottoporsi all’intervento chirurgico o per chi riesce a sviluppare un buon controllo neuromuscolare e una stabilità funzionale soddisfacente. In alcuni casi è possibile ottenere ottimi risultati anche senza ricostruzione chirurgica, a patto che il percorso riabilitativo sia ben strutturato, progressivo e monitorato nel tempo.
L’approccio conservativo mira a gestire i sintomi, ripristinare la funzionalità e permettere al paziente di tornare a un livello di attività compatibile con la stabilità residua del ginocchio. Le strategie iniziali si concentrano sulla gestione della fase acuta e comprendono:
- riposo modificato, inteso come l’astensione dalle attività che sollecitano il ginocchio e che provocano dolore o sensazione di instabilità. Questo non significa immobilizzazione completa, piuttosto ridurre il carico e l’intensità delle attività quotidiane e sportive;
- ghiaccio, da applicare sulla zona interessata per 15-20 minuti, più volte al giorno (ogni 2-3 ore) durante le prime 24-72 ore e, successivamente, al bisogno, per ridurre il gonfiore e il dolore. Il suo impatto sull’infiammazione locale è oggetto di dibattito ed è stato di molto ridimensionato rispetto al passato;
- compressione ed elevazione. L’uso di un bendaggio elastico può aiutare a limitare l’accumulo di gonfiore nelle fasi iniziali, esercitando una pressione contenitiva attorno al ginocchio. La compressione, se ben tollerata, può offrire un lieve supporto articolare e favorire il comfort. Mantenere la gamba elevata sopra il livello del cuore, ad esempio appoggiata su cuscini, può facilitare il drenaggio dei liquidi e contribuire alla riduzione dell’edema.
Entrambe le strategie hanno un razionale, sebbene le evidenze siano limitate. Rappresentano comunque opzioni sicure e comunemente utilizzate nella gestione precoce delle lesioni;
- farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), la cui assunzione può contribuire a ridurre il dolore e l’infiammazione.
Successivamente, un ruolo fondamentale nel trattamento conservativo è svolto dalla fisioterapia. Un programma di riabilitazione ben strutturato e personalizzato si basa su un approccio attivo, progressivo e adattato alle caratteristiche del paziente. Gli obiettivi principali sono:
- ridurre il dolore e il gonfiore, attraverso il mantenimento dell’attività compatibilmente con i sintomi, l’impiego di strategie antalgiche come la crioterapia e, se necessario, tecniche manuali selettive;
- ripristinare la gamma di movimento e la mobilità articolare, mediante esercizi e tecniche di mobilizzazione attiva e assistita, sempre orientati al recupero progressivo di flessione ed estensione completa;
- rafforzare la muscolatura, con programmi di esercizi specifici per quadricipite, ischiocrurali, muscoli del polpaccio e del core fondamentali per migliorare la stabilità dinamica del ginocchio;
- migliorare la propriocezione e il controllo neuromuscolare, con esercizi specifici per ristabilire la consapevolezza della posizione del ginocchio nello spazio e migliorare la coordinazione dei movimenti, essenziali per la stabilità funzionale;
- educare il paziente alla gestione dell’attività, fornendo indicazioni sulle attività consentite e su come proteggere il ginocchio da ulteriori stress, con un focus sul ritorno graduale alle attività ricreative o sportive.
Nella maggior parte dei casi di lesione completa del LCA, soprattutto in individui giovani e attivi che desiderano tornare a praticare sport ad alto impatto, l’intervento chirurgico di ricostruzione del legamento è spesso raccomandato. L’intervento consiste nella sostituzione del LCA danneggiato con un innesto tendineo prelevato da un’altra parte del corpo del paziente o da un donatore con l’obiettivo di ripristinare la stabilità del ginocchio e permettere un ritorno sicuro all’attività sportiva. Tuttavia, è bene ricordare che non tutti i pazienti necessitano di chirurgia: la decisione va presa sulla base del profilo individuale, del tipo di attività e della risposta a un iniziale trattamento conservativo.
La riabilitazione fisioterapica è praticamente obbligatoria dopo l’intervento chirurgico di ricostruzione del LCA e inizia generalmente pochi giorni dopo l’operazione. Il programma viene adattato nel tempo secondo criteri di progressione clinica (non solo temporali) e prevede:
- controllare il dolore e il gonfiore post-operatori, attraverso l’utilizzo di crioterapia, tecniche di terapia manuale delicate ed educazione al carico;
- ripristinare gradualmente la gamma di movimento del ginocchio e la mobilità articolare, tramite esercizi passivi, attivi assistiti e attivi per recuperare la flessione e l’estensione completa;
- recuperare il controllo e il reclutamento muscolare, iniziando con esercizi isometrici per poi progredire con esercizi di rinforzo specifici per quadricipite, ischiocrurali e gli altri muscoli stabilizzatori del ginocchio;
- migliorare la propriocezione, l’equilibrio e il controllo motorio, attraverso esercizi funzionali e progressivi che integrano stimoli visivi, cognitivi e propriocettivi. Il lavoro pone molta enfasi sulla qualità del movimento, sulla capacità di adattamento a diverse situazioni e sulla stabilità dinamica, piuttosto che sull’uso sistematico di superfici instabili (il cui valore è stato ridimensionato dalla recente letteratura);
- riprendere gradualmente il carico sull’arto operato, seguendo protocolli di carico progressivo sotto la guida del fisioterapista;
- ritornare gradualmente all’attività sportiva, tramite programmi specifici che includono corsa, salti, cambi di direzione e gesti atletici specifici dello sport praticato, sempre sotto stretta supervisione fisioterapica e in accordo con le indicazioni del chirurgo ortopedico;
- prevenire ulteriori infortuni, grazie all’educazione del paziente sulle corrette tecniche di movimento, esercizi di mantenimento e strategie per proteggere il ginocchio durante l’attività sportiva. È importante precisare che, anche se comunemente si utilizza il termine prevenzione, sarebbe più corretto parlare di limitare il rischio, in quanto purtroppo è impossibile portare a zero la possibilità di un nuovo infortunio.
Il ritorno allo sport non deve mai essere basato solo sul tempo trascorso dall’intervento: oggi si raccomanda un approccio basato su criteri clinici, funzionali e psicologici, con test validati per valutare la prontezza del soggetto.
In genere, per tornare in sicurezza a sport ad alto impatto, sono necessari almeno 9 mesi, ma per alcuni atleti il percorso può durare anche più a lungo. Il rispetto dei tempi biologici, il monitoraggio oggettivo e l’educazione del paziente sono le chiavi per prevenire nuove lesioni e garantire un rientro efficace e sicuro.